Sempre più presente l’osteopatia in ambito sportivo in cui, difatti, la figura dell’osteopata è diventata parte integrante di molti staff sanitari consolidando una sinergia tra le varie professionalità che lavorano in ambito sportivo e considerata molto importante nell’ottica della salute e del benessere degli atleti, soprattutto nell’ambito della prevenzione. Ed è proprio di questo che ci parla Walter Martinelli, osteopata – fisioterapista romano della Nazionale di Calcio Italiana e dell’AS Roma in virtù della sua intensa esperienza lavorativa in ambito sportivo che gli ha permesso di lavorare con tantissimi professionisti di tutto il mondo traendone grande insegnamento.
“L’osteopatia può influire positivamente sull’attività fisica in generale e sulla prestazione in particolare, spiega Walter Martinelli, tanto che alcuni studi condotti dall’Istituto Politecnico della Virginia e dal Virginia Tech negli USA da Gunnar Brolinson e coll., hanno rilevato miglioramenti nelle performance in molti giocatori indipendentemente dal loro ruolo. Questo perché intervenendo sull’apparato circolatorio, respiratorio, articolare, neurologico, muscolare, senza trascurare le relazioni somato–viscerali, si migliorano le prestazioni ed il recupero dopo uno sforzo o dopo un infortunio riportando il corpo, laddove necessario, in una condizione di omeostasi, oltre a migliorare la funzione articolare ed il rom”.
Il ruolo dell’osteopatia in ambito sportivo è dunque sempre più apprezzabile non solo nel recupero infortuni ma anche in fase preventiva e nella preparazione atletica “perché – chiarisce l’osteopata Martinelli – un calciatore, come ogni atleta, ha bisogno di sentirsi forte, stabile, reattivo e di avvertire meno la percezione di potersi infortunare”.
Sono molti gli aspetti da valutare in quest’ottica e in base ai quali pianificare un programma specifico anche se soggetto ad una certa elasticità data dal confronto con il resto dello staff: “vanno considerati i lavori di gruppo, le partite giocate e la loro frequenza, il minutaggio del giocatore, l’età ed il ruolo del calciatore in questione, gli infortuni pregressi, il bilanciamento, le asimmetrie dell’atleta e così via. Solo facendo così il calciatore capirà l’importanza di questi lavori e si potrà a sua volta relazionare con tutte le figure riguardo l’obiettivo prefisso”.
Ritorna dunque centrale l’interdisciplinarietà nel team sportivo a favore di una buona resa atletica in quanto – chiosa Martinelli – “un organismo in cui l’apporto vascolare, l’ossigenazione e la funzionalità neurologica sono al 100 per cento sarà capace di offrire prestazioni motorie molto più elevate rispetto ad un altro che non è in quella condizione, abbassando così le possibilità di infortunio e diminuendo i tempi di recupero”.
L’esperienza di Walter Martinelli, iniziata nelle squadre di Tor Tre Teste, Sorianese, Almas, Frascati, Pomezia, Lodigiani, Cisco Roma, Frosinone, Lazio ed attualmente alla Roma e alla Nazionale di calcio Italiana, racconta dell’importanza di iniziare a lavorare sulla “prevenzione” con dei lavori specifici, di cui parleremo più avanti, sin da giovani.
Quale ruolo svolge l’osteopatia in sinergia con la fisioterapia e la preparazione atletica nel calcio d’élite?
“Da fisioterapista ed osteopata penso sia troppo facile e sbagliato dire ad un preparatore, bisogna ridurre i carichi di lavoro per una problematica o un dolore (spesso di lunga durata), perché così il giocatore si decondizionerà ancora di più, peggiorerà la sua componente psicologica e lo metterà maggiormente a rischio di infortunio. Il nostro ruolo, soprattutto ad alti livelli e nei limiti del possibile, deve essere quello di aiutare il preparatore atletico con un giocatore non in ottime condizioni, a realizzare il programma di lavoro nella percentuale più alta possibile, allora quello sarà un successo di squadra e non singolo.
È importante iniziare a lavorare su questi fattori già nel settore giovanile, con le dovute proporzioni, per far arrivare i giocatori nelle prime squadre già predisposti al lavoro e con una base già formata, altrimenti arrivano e non sopportano i carichi di lavoro, anche perché sviluppano prima un certo grado di tolleranza al lavoro e di conoscenza del proprio corpo .
Anche la tecnica deve essere allenata, esercitata e migliorata precocemente – spiega Walter – spesso arrivano giocatori in prima squadra che si trovano subito nel ‘frullatore’ della Serie A e spesso non hanno tempo di mettersi in linea con gli altri compensando il gap. A volte si perde tempo ad imparare la tecnica e questa non si apprende in un giorno, spesso ci vogliono mesi se non anni. In una squadra di calcio di serie A, d’élite, le richieste da soddisfare per il raggiungimento della massima prestazione sono molte e di diverso genere. Per questo gli staff delle squadre professionistiche negli anni sono saliti costantemente di numero ed hanno inserito al loro interno varie figure, specializzate in differenti settori, per seguire l’atleta a 360 gradi dentro e fuori dal terreno di gioco. Oltre al Mister ed allo staff tecnico, abbiamo diversi professionisti a prendersi cura dei Campioni, dai medici ai fisioterapisti, dall’osteopata al nutrizionista, dal podologo ai preparatori fisici, dallo psicologo al reparto ‘recupero infortunati’.
Stessa cosa avviene per il reparto ‘recupero infortunati’ dove la situazione è ancora più complessa, ed il rischio di recidiva o infortunio in un’altra area può aumentare esponenzialmente.
Un altro passaggio da fare ogni giorno prima dell’allenamento (di solito se ne occupa il medico ed il responsabile dell’area performance) è con il Mister che è sempre al centro di tutto ed a cui spetta sempre l’ultima parola. L’allenatore deve sapere dopo il meeting quanti giocatori ha a disposizione, quanti sono a rischio, quanti dovranno fare un allenamento a parte, inoltre cosa possono fare e cosa no. Un aspetto non trascurabile in questo scenario resta quello di mantenere un rapporto di fiducia quanto più trasparente e stimolante possibile nei confronti del giocatore, sapendo capire bene anche i limiti da non superare in questo rapporto, saper valutare le situazioni per il bene della squadra .
Tra le regole non scritte dello stare all’interno di uno staff di alto livello, vorrei sottolineare la puntualità degli orari, la presenza, la professionalità e l’educazione, l’attenzione a tutto quello che si fa, l’aggiornamento continuo, il rispetto dei ruoli, l’utilizzo appropriato della terminologia medica e di un linguaggio preciso ed uniformato”.
È possibile prevenire o ridurre gli infortuni muscolari e da che età bisogna cominciare a lavorare con gli atleti per questo aspetto?
Questo è il grande interrogativo che fa dibattere tanti studiosi dello sport di tutto il mondo e che fa nascere nuove tecniche e teorie di allenamento ogni anno. Per riflettere su questo argomento ho intervistato alcuni professionisti con i quali ho collaborato durante la mia carriera e penso che questo possa essere un momento di riflessione oltre che di apprendimento per i lettori come lo è stato per me. Vi riporterò solo alcuni passaggi delle loro risposte in attesa del lavoro ultimo integrale a cui sto lavorando.
Calcio d’élite e prevenzione: il parere degli esperti intervistati dall’osteopata Walter Martinelli
Valter Di Salvo, “Director football performance & science”
Valter Di Salvo ha lavorato in passato con Lazio, Real Madrid, Manchester Utd, attualmente ricopre il ruolo di “Director football performance & science” sia con la Nazionale del Qatar sia con la Nazionale Italiana oltre ad essere docente Universitario all’Università degli studi di Roma “Foro Italico” dal 2001 .
Alla mia domanda riguardante il rapporto tra forza e prevenzione il Prof. Di Salvo risponde con una provocazione dicendo: “la prevenzione non esiste! Esercizi che facciamo normalmente come il core, sono esercizi che devono essere fatti! Un calciatore che si muove e ruota il tronco mille volte a partita deve avere il core forte. L’instabilità e i lavori specifici sono esercizi necessari per un giocatore, semplicemente perché calcia con una gamba. La prevenzione è altro: la gestione dei carichi settimanali in base alle partite, al ruolo. Infatti un difensore centrale fa la metà dell’alta intensità di un esterno… Va valutata la qualità del sonno, le simmetrie, gli appoggi, l’alimentazione, la scelta dei tacchetti.
Julio Tous (Barcellona, Sampdoria, Real Saragozza, Juventus, Chelsea, Inter e Nazionale Italiana)
Tous invece pone l’attenzione sull’importanza delle dinamiche rotazionali che spesso si ripercuotono sul bacino. Sottolinea in alcuni passaggi della sua intervista di quanto sia utile ridurre i deficit e gli imbalance di forza oltre a migliorare la stabilità dinamica rotazionale (esempio con l’aero sling su trx). Altro fattore predominante nella sua pratica sono quelli che lui definisce “appoggi attivi” grazie alle pedane vibranti di qualità.
Stefano Rapetti, preparatore atletico della Roma
Attualmente alla Roma, Stefano Rapetti ha lavorato in passato con Inter, Empoli, Sampdoria, Manchester Utd, Milan e Torino ed attualmente alla Roma. Ecco quanto afferma:
“Dobbiamo fare una distinzione tra forza volta al miglioramento della performance e tutte le attività di potenziamento e ripristino della funzionalità dei distretti muscolari che in passato sono stati colpiti da infortuni. Personalmente quando programmo una seduta di potenziamento con obiettivo performance tendo a prediligere mezzi di allenamento globali in cui venga valorizzata la coordinazione inter ed intra muscolare. Spesso la specificità della disciplina tende a far “impigrire” o non sviluppare in maniera equa alcuni distretti muscolari è per questo che la scelta dei mezzi di allenamento non ricade su esercitazioni analitiche. Quello che mi interessa è migliorare in controllo motorio aumentando i feedback nello sviluppo della catena cinetica. Per ottimizzare questo spesso utilizzo mezzi di allenamento in sui il sistema cinestetico viene stressato mediante instabilità, forze a cui contrapporsi esternamente, etc. Potenziare prevalentemente il comparto anteriore della coscia rispetto al posteriore concorrerebbe ad aumentare il divario tra il “motore/freno” già generato dalla disciplina. Se decidessi di dare più importanza alla propulsione creerei un fattore predisponete per l’infortunio muscolare della catena posteriore. Nella scelta dei mezzi di allenamento della forza tengo sempre in considerazione l’anamnesi patologica remota e recente de giocatore. Spesso i preparatori hanno un approccio rigido alla materia, se pensano che il mezzo migliore per stimolare gli arti inferiori sia il back squat utilizzano quel mezzo in maniera indiscriminata. Personalmente non farò mai fare ad un mio giocatore il back squat sapendo che nel suo storico ha sofferto di problematiche lombo sacrali di qualsiasi genere. Questo tipo di approccio, ripeto, vale per tutte le problematiche di tipo morfo-funzionali e quindi posso affermare in questo senso che facciamo un lavoro individualizzato che stringe la mano alla prevenzione.
Per quanto riguarda l’attività di potenziamento/prevenzione, ritengo che sia una argomentazione da portare avanti per sanare gli squilibri muscolari legati ad un esito di trauma o generati da problematiche che possono essere le più svariate. Tutto questo deve essere inserito compatibilmente agli impegni della squadra e allo studio del carico di allenamento per non creare extra load che potrebbero a loro volta creare fattori predisponenti al trauma.
Inoltre sottolinea l’utilità di far si che un calciatore percepisca che tutti test e i dati siano realmente utilizzati e valutati dallo staff.
Fondamentalmente per lui un lavoro in sinergia delle varie figure professionali dall’analisi remota, ai test fisioterapici e medici. La valutazione dai carichi di lavoro tenendo presente il carico interno ed il carico esterno. Inoltre parla di una cosa che non si può comprare ne c’è una formula per ottenerla ovvero della magia del gruppo …la chimica … tutto questo è prevenzione!
Carlos Lalin, preparatore atletico AS Roma
Carlos Lalin (Deportivo de La Coruna, Real Madrid, Chelsea, Manchester Utd, Totthenam ed attualmente alla Roma), sostiene che dal punto di vista preventivo la forza è una componente, un elemento strategico per iniziare la prevenzione ma non un elemento chiave. Molto dipende dal giocatore, dalla persona che inizierà a fare la strategia preventiva e dal suo livello di forza. Questo livello di forza può essere più o meno importante. Lalin afferma che al di là della letteratura – che su alcuni aspetti non presenta molte evidenze – dipende dalla valutazione che si fa del giocatore. Un giocatore di “ramo” debole ha bisogno un po’ di più di una componente di forza per la sua struttura; per un giocatore con componente di forza alta ci sarà un altro tipo di elemento nella strategia preventiva, come può essere la mobilità, la flessibilità, la coordinazione del movimento. La forza, più che come capacità fisica, lui la considera come una componente del movimento umano: “movimento” non come concetto classico di funzionalità, che molti sbagliando associano al movimento specifico del giocatore bensì la forza come componente del movimento specifico del giocatore da trasformare in una “forma utile”.
Antonio Pintus, preparatore atletico del Real Madrid
Antonio Pintus vanta diverse esperienze all’estero prima di approdare al Real Madrid tra le quali: Sunderland, Marsiglia, West Ham e Chelsea. In Italia ha lavorato con Palermo, Juventus ed Inter. Il Prof. Pintus sottolinea lo stretto rapporto tra forza e prevenzione e come l’elemento forza possa aiutare a prevenire problematiche a livello muscolare, articolare e tendineo.
“La prevenzione è tutto – afferma Pintus – l’allenamento della resistenza, della velocità, dei salti. Con un buon allenamento si prevengono tantissimo le lesioni e questa è la mia storia! Sicuramente negli anni è migliorato il modo di lavorare su un calciatore grazie anche alla tecnologia, all’utilizzo di gps, di tanta strumentazione a livello fisioterapico (pensiamo anche solo agli elettromiografi), però nel contempo è aumentata molto la densità delle partite: si gioca molto di più, soprattutto nel calcio. Per cui se da una parte si sta migliorando, dall’altra a mio avviso si sta peggiorando, perché si gioca troppo”.
Paolo Bertelli
Esperienze lavorative con Fiorentina, Venezia, Udinese, Roma, Juventus, Nazionale Italiana, Chelsea, Sampdoria.
Che rapporto c’è tra forza e prevenzione?
“Io sono dell’idea che vada diviso l’allenamento di squadra che è tutta palla, quindi tutto quello che riguarda gli aspetti tecnico tattici e fisici ma con la palla, dall’allenamento individuale. Quest’ultimo consiste nel curare la salute del calciatore. Ogni calciatore ha un suo modo di essere e di esprimersi motoriamente e questo lavoro che viene svolto durante la settimana comprende sia la forza che tanti altri esercizi. È importante monitorare il calciatore per seguire la sua salute psicofisica, così che si faccia meno male. Poi ci sono infortuni da impatto purtroppo. Prima c’erano gli stessi protocolli per tutti i calciatori, adesso c’è più una individualizzazione dei lavori, una tecnologia di supporto superiore che ti porta a fare una carta d’identità di ogni calciatore e in base alle problematiche che possono venir fuori programmare un lavoro individuale”.
Qual è l’età giusta per dare ai giovani giocatori un’impronta di quello che sarà il lavoro in prima squadra?
“Secondo me nel settore giovanile bisogna innanzitutto educare alla motricità, al movimento, specialmente le fasce d’età basse. Cercare una multidisciplinarità, creare una cultura nei giovani calciatori così che seguano il proprio benessere, consapevoli che fare determinati lavori li aiuta nella performance. Dagli allievi in su, secondo me si può iniziare un lavoro più specifico”.
Michael Boyle fondatore del Mike Boyle Strenght and Conditioning
Insegnante, consulente, scrittore, è uno dei migliori allenatori di performance sportiva al mondo. Ha allenato e riabilitato un ampio spettro di atleti olimpici, oltre ad aver lavorato con la Nazionale di Hockey sul ghiaccio degli Stati Uniti. Nel 1996 fonda il “MBSC” (Mike Boyle Strenght and Conditioning), centro di allenamento dove passano squadre ed atleti professionisti di un enorme varietà di sport e che ho avuto la fortuna di visitare per qualche giorno.
Ho chiesto a lui il suo pensiero tra forza e prevenzione:
“Io penso che la forza sia lo strato iniziale della prevenzione. La strada più facile per iniziare un programma di prevenzione degli infortuni sia incrementare la forza muscolare degli atleti. I problemi cominciano quando noi iniziamo a perseguire il rafforzamento semplicemente per lo scopo di ‘rafforzare’ dimenticando il razionale”.
Cos’è per te la prevenzione?
“Io amo dire “God prevents, we reduce”, cioè: “Dio previene e noi riduciamo” . Tu non puoi mai prevenire gli infortuni, questi ci saranno sempre. Quello che possiamo fare è ridurre il numero e la potenziale severità degli infortuni con un buon programma di rafforzamento ed condizionamento. L’avvento dell’idea di un allenamento funzionale è stato un grande passo avanti. L’allenamento funzionale veramente riguarda la conoscenza dell’anatomia funzionale e l’applicazione di questa materia deve essere riportata nella scelta e creazione degli esercizi.
Meglio capiamo come i muscoli funzionano, più siamo capaci di strutturare i programmi. Per me gli allenatori della forza e del condizionamento atletico dovrebbero conoscere il mondo della fisioterapia per comprendere più a fondo tutto questo, il grande passo avanti sarà questo. Noi iniziamo l’insegnamento dei fondamentali attorno agli undici anni, anche se loro potrebbero non comprenderlo”.
Darcy Norman, attualmente nella nazionale di Calcio USA
Per Darcy Normanforza e prevenzione sono molto correlate tra loro. Norman ha lavorato in passato con Bayern Monaco, Nazionale della Germania Campione del mondo nel 2014 , Roma ed ora nella Nazionale di Calcio degli Stati Uniti. Il suo concetto di prevenzione si basa sul ridurre le debolezze e le limitazioni dell’atleta, quindi una volta individuati gli squilibri che riguardano il rom, la flessibilità, la forza e la coordinazione bisogna lavorarci quotidianamente per migliorarli. Norman afferma che: “il nostro corpo è sempre in uno stato di continuo mutamento, di instabilità, come un flusso continuo. Così come è possibile migliorarsi come persona è anche possibile migliorare le nostre abilità specifiche. Prevenzione è anche capire le aree che necessitano di lavori ben precisi, cosi da ridurre la possibilità di infortunio. La costanza nel lavoro e negli esercizi farà la differenza, come lavarsi i denti bene al mattino e la sera, vi eviterà qualche visita in più dal dentista.
Penso che ad ogni età l’atleta abbia degli obiettivi e delle aspirazioni da raggiungere anche se non sempre è cosi maturo da capirne l’importanza deve diventare però per lui un’abitudine e in questo è molto importante la figura dell’istruttore prima e del preparatore poi”.
Andrea Belli, responsabile del RTP all’Inter
Per Andrea Belli c’è un rapporto diretto tra il lavoro di forza in tutte le sue espressioni e la prevenzione. Dopo esperienze alla Lazio, al Valencia, in Qatar, Belli approda all’Inter dove svolge il ruolo di responsabile del RTP. Secondo lui la forza migliora la coordinazione neuromuscolare, la flessibilità e la mobilità articolare, requisiti fondamentali per un efficace lavoro di prevenzione. Belli ritiene che la prima forma di prevenzione sia l’allenamento stesso sviluppato con intensità e volume adeguati. Va da sè che circuiti specifici di lavoro neuromuscolare a basso impatto possono essere proposti come attivazione o warm up prima di ogni seduta di allenamento. A suo parere si possono migliorare ancora molto questi lavori personalizzandoli su ogni singolo calciatore in base alle patologie pregresse o in funzione del ruolo in campo.
A partire dall’Academy il lavoro di prevenzione di base è fondamentale.
Alessandro Pilati, Performance Coach al Genoa
Da quasi 20 anni con il Genoa, ha lavorato anche con il Torino. Pilati ritiene che la capacità di forza faccia parte delle capacità condizionali (abilità biomotorie). Esiste quindi un legame diretto tra forza e prevenzione in qualsiasi sport. “Il termine prevenzione è, secondo la mia visione afferma Pilati – direttamente integrato al processo di allenamento. Infatti, il significato attribuito al termine (adozione di una serie di provvedimenti per cautelarsi da un pericolo- Treccani), prevede che vengano strutturate, con cognizione di causa, azioni atte a limitare i problemi che possono insorgere nel somministrare gli stimoli allenanti. Questo significa, sempre secondo me, che per poter prevenire infortuni è molto importante allenarsi costantemente, rispettando le caratteristiche del carico e del modello prestativo dello sport.
Le abitudini degli atleti sono cambiate molto negli ultimi anni e si può sicuramente affermare che si pone un’attenzione maggiore su tutti gli aspetti che possono migliorare la performance sportiva.
Come dicevo, prevenire significa allenarsi correttamente dal punto di vista del carico, ma anche rispettare i principi dell’allenamento cosiddetto “invisibile”: riposo, alimentazione, esercizi di respirazione ecc. Si potrebbe certamente migliorare riflettendo sulla densità delle competizioni. L’aumento di quest’ultime infatti, ha sicuramente generato un numero di infortuni maggiore per diversi motivi. Il primo è ovviamente l’aumento del carico sulle strutture muscolo tendinee ed osteo articolari dei giocatori. Un secondo motivo potrebbe essere che gli atleti si allenano di meno per poter arrivare con una giusta readiness alle partite successive.
Secondo me, è importante che nei settori giovanili, partendo dal gioco, si creino solide basi dal punto di vista tecnico ma, a partire dai 15-16 anni, anche nella preparazione fisica. Tutto ciò, rispettando sempre lo sviluppo biologico dei ragazzi”.
Francesco Cuzzolin, Head of Performance all’Olimpia Armani Milano
Francesco Cuzzolin: primo europeo a diventare head strenght and conditioning coach in NBA con i Toronto Raptors , ha allenato la Nazionale Russa ed Italiana dopo le esperienze alla Benetton Treviso ed alla Virtus Bologna, attualmente è l’Head of Performance all’Olimpia Armani Milano.
Ho chiesto a lui che viene dal mondo del basket un suo parere riguardo la relazione forza-prevenzione:
“Nel contesto degli sport di squadra, dove ho maggiormente trascorso la mia esperienza professionale, l’allenamento della forza ha una rilevanza fondamentale. Il legame tra forza e prevenzione esiste, ed è scientificamente supportato in moltissimi lavori, soprattutto se contemporaneamente si migliorano anche tutte le variabili che influenzano la sua applicazione, come velocità di esecuzione, stabilità, coordinazione e locomozione, non focalizzandosi esclusivamente sul carico di lavoro.
La prevenzione è un piano strategico, che considera moltissime componenti che ruotano intorno al lavoro dell’atleta, non solo l’allenamento. Pensare che tutto possa ricondursi ad una scelta o all’esclusione, per quanto ponderata di qualche particolare esercizio, è un errore.
Un appropriato training load, delle procedure di recupero efficaci, una nutrizione qualitativa, un benessere psico-emotivo generale che favorisca lo stress management di questioni professionali o personali, queste sono alcune variabili che direttamente o indirettamente possono influenzare il risultato finale”.
Secondo la tua esperienza come è cambiato negli anni il lavoro di prevenzione e in cosa si può migliorare?
“Uso una citazione quello che non si misura non si migliora. La tecnologia ci permette in maniera sempre più user friendly di quantificare deficit funzionali, di fare analisi video di movimenti specifici, di raccogliere informazioni che possono essere usate per creare dei piani operativi efficaci. Una volta serviva un laboratorio ed i costi erano insostenibili, ora ci si può organizzare sufficientemente bene con investimenti accessibili a qualsiasi livello. Anche le figure professionali che operano intorno all’atleta hanno maggior contaminazione di conoscenza di una volta, questo aiuta ad integrarsi nel lavoro”.
Quale è l’età giusta nel settore giovanile per iniziare a parlare di prevenzione?
“Per rispondere a questa domanda, voglio citare un lavoro di un collega e caro amico, Urs Granacher, dell’Università di Potsdam, Germania. In una sua Review del 2016 pubblicata su Frontiers in Phisiology, dove parla di ‘Long-Term Athlete development’, propone in una fase denominata ‘Learning to train’ (9-10 anni per le femmine e 10-13 per i maschi, fase pre PHV) lavori di forza a carico naturale e piccoli attrezzi, lavori di equilibrio e stabilità, lavori di jumping and landing technique e di core.
Queste esercitazioni hanno come obiettivo la pre-abilitazione, cioè preparare con gradualità il giovane alle sollecitazioni che la pratica sportiva andrà a sottoporre.
Questo idealmente può essere considerato il primo passo del lavoro preventivo a livello di settore giovanile”.
Perondi Francesco: preparatore della Nazionale Italiana Femminile
Ha lavorato in passato con Bologna, Lazio, Inter e Fiorentina, oltre ad essere Docente al Settore Tecnico di Coverciano ed una delle colonne portanti dell’associazione di categoria AIPAC, è attualmente preparatore della Nazionale Italiana Femminile.
“In base alla mia esperienza in questi anni, c’è stata un’evoluzione di quelli che sono stati gli eventi programmati per quanto riguarda il miglioramento dell’espressione di forza nel calcio, che a volte si sovrappongono o sembrano attività di prevenzione. Infatti il migliorare la capacità di prestazione, l’attenuare la fatica post gara, la riduzione degli infortuni, prevedono gli stessi meccanismi di stimolo, di azione del miglioramento di espressione di forza nel calcio. Una migliore coordinazione intermuscolare e una maggiore e migliore potenza neuromuscolare portano a più efficienza nei movimenti specifici e il risultato è una migliore capacità di gioco e conseguentemente una riduzione degli infortuni.
Per me la prevenzione rappresenta una parte importante di tutto il periodo che il giocatore o la giocatrice trascorre nel training ground, quindi nell’impianto di allenamento. Un giocatore che segue in maniera attiva e con sistematicità un protocollo di prevenzione esprime una presa di coscienza, una consapevolezza, una maturità nell’importanza di quanto sta facendo. E lo sta facendo per sé, per la sua salute e per la sua carriera alla fine, perché diventa anche un aspetto importante dal punto di vista economico.
Negli anni è aumentata molto nel nostro ambiente, nel calcio, l’attenzione verso aspetti che prima magari erano considerati non dico superflui ma secondari. Diciamo che all’inizio era affidata molto all’iniziativa individuale, quindi la prevenzione era appunto una di queste attività. Ora i programmi di prevenzione, ma direi proprio ‘la prevenzione’ è un’attività di squadra; è diventata un momento organizzato, un valore, soprattutto nelle società ben strutturate, di alto livello. Questo, secondo me, manifesta il coinvolgimento importante, decisivo, di diversi profili professionali e quindi di diverse competenze che devono essere molto specifiche.
L’attività di prevenzione è un processo che deve iniziare presto nel settore giovanile, conseguentemente alle risposte date in precedenza, ribadisco che contribuisce a far crescere, ad educare il giocatore e la giocatrice. Prevede però, e lo sottolineo, l’impiego di personale specializzato, altamente preparato; la possibilità di fare delle valutazioni e la definizione di programmi a medio e lungo termine, e tante volte purtroppo questo non è possibile nel calcio. Contempla inoltre periodici controlli per verificare la bontà degli stessi programmi pianificati e spesso nelle società credo che questo non avvenga, che non sia possibile per tanti motivi.
Cristoforo Filetti, preparatore fisico di performance attualmente al Paris Saint Germain
Ha conseguito il Dottorato di Ricerca in “Advanced Sciences and Technologies in Rehabilitation Medicine and Sports” discutendo una tesi sul modello di prestazione nel calcio d’elite. È autore di numerose pubblicazioni scientifiche nazionali ed internazionali riguardanti la tematica “performance match data and practical training application”.
Nell’attività professionale (preparatore atletico professionista FIGC) conta esperienze in club professionisti d’elite e sub-elite in Italia e all’estero, ricoprendo il ruolo di preparatore fisico di performance, preparatore fisico dedicato alla riabilitazione, match analyst e sport scientist all’interno di staff tecnici di livello internazionale, attualmente al Paris Saint Germain.
“Il rapporto tra forza e prevenzione esiste quando le necessità specifiche dell’individuo si sposano con le peculiarità di performance – spiega Cristoforo Filetti – per essere chiaro: non possiamo dire che basta fare lavori di forza per fare prevenzione nel calcio, serve anche altro perché è il modello prestativo che lo richiede. Il lavoro di prevenzione negli ultimi anni è stato sempre più attenzionato. Ritengo però che a volte si faccia confusione tra vera prevenzione e lavori di forza che in alcune patologie devono essere ‘aspecifici’ ed in altre ‘specifici’. Ritengo quindi in definitiva che ci sia ancora da migliorare. Secondo me quando si parla di forza, dietro al principio fisico di accelerare una massa, si parla comunque di un qualcosa che deve essere secondo me allenato già in fase adolescenziale perché ci sono tante pubblicazioni che dicono che quando si inizia a lavorare la forza in età adolescenziale si hanno poi degli incrementi nelle componenti della forza nettamente superiori che se il lavoro di forza si inizia fuori dalla fase adolescenziale. Detto questo, quando si parla di prevenzione si devono avere tre tipologie di classificazioni: una prevenzione di tipo primario che è quella legata allo stile di vita, a fattori poco controllabili da noi e che il giocatore deve tenere in considerazione perché influisce poi sulle prestazioni. Una prevenzione di secondaria che è quella che noi possiamo mettere a disposizione dei giocatori quando poi lavoriamo in gruppo: e quindi lavori che sono legati a un modello di prestazione, che si svolgono in palestra in relazione a quelli che sono i gesti specifici. Poi c’è una prevenzione terziaria, che è invece quella legata allo storico di infortuni di un giocatore: quindi ogni giocatore deve avere il suo planning individuale per cercare di lavorare sul suo storico e soprattutto cercare di rendere più forti quelle zone che si sono un po’ indebolite e quindi dobbiamo cercare assolutamente di fare qualcosa per far sì che il giocatore abbia un programma di prevenzione terziaria che viene seguito per tutto il suo periodo di agonismo”.
Matteo Osti, attualmente al Milan
Ha lavorato nel Chievo, nel Bologna, alla Lazio, per poi passare all’Inter, alla Fiorentina ed ora al Milan appena laureatosi Campione d’Italia. Il Prof. Osti afferma che il rapporto tra forza e prevenzione è molto stretto, la capacità di reclutare fibre in tempi rapidi e con elevata espressione di forza garantisce la possibilità di affrontare meglio le situazioni che si verificano in gara o allenamento. Banalmente una caviglia “forte e con buone qualità propriocettive” risponderà meglio ad eventi distorsivi. Elevati ed equilibrati livelli di forza negli arti inferiori garantiscono una maggiore protezione al ginocchio etc …
Per lui la prevenzione è un sistema di attività che svolte in palestra, in ambito fisioterapico, ma non solo, garantiscono all’atleta una riduzione degli infortuni.
Anche una buona nutrizione e supplementazione che tendono ad un atleta più “magro” fanno si che per lo stesso atleta il sovraccarico sulle articolazioni, che si ripete ad ogni passo o cambio di direzione, si riduca. Per Matteo Osti la strada del miglioramento passa dall’individualizzazione attraverso valutazione funzionali e programmi ad hoc.
Claudio Donatelli, nello staff della Nazionale A di calcio
Dopo aver lavorato nel tennis, con la Nazionale di Judo ed all’Istituto dello sport del CONI ha fatto parte dello staff della Lazio in Italia e del Sunderland all’estero. Attualmente lavora nello staff della Nazionale A di calcio con la quale ha vinto la scorsa estate il Titolo Europeo. Per Donatelli la forza muscolare è la capacità di esprimere forza da parte del sistema neuro-muscolare e rappresenta il fondamento di ogni attività sportiva. Il movimento non potrebbe esserci senza la capacità di tale sistema di applicare forza. Inoltre la forza permette di realizzare movimenti semplici o complessi con velocità e resistenza. Questa capacità consente quindi al calciatore di esprimere il proprio potenziale motorio finalizzato al raggiungimento degli obiettivi tecnico-tattici. Un’azione motoria deve essere supportata da una buona funzionalità del sistema nervoso e muscolare, così facendo il calciatore potrà evitare danni muscolari o articolari. Lo sviluppo della forza deve avvenire sia a carattere generale sia a carattere specifico.
La prevenzione fondamentalmente, afferma il Prof., può essere interpretata come:
a) una serie di stimoli allenanti che rispettino i principi della metodologia quali: la progressività e gradualità del carico, l’alternanza lavoro / recupero, il processo di adattamento, la personalizzazione del carico.
b) una proposta altamente qualitativa, cioè volta a migliorare il controllo motorio (generale e specifico) e le capacità coordinative del calciatore.
Come è cambiato negli anni il lavoro di prevenzione?
È andato aumentando tantissimo il tempo che viene dedicato a questo aspetto. C’è molta più attenzione alle informazioni provenienti dalle aree che operano in un club. Si riesce meglio a controllare lo sforzo interno che un singolo calciatore raggiunge per ogni seduta. Mi sento di consigliare un maggiore utilizzo del lavoro propriocettivo proveniente da attività più inerenti ai movimenti simili alla gara. Proporrei un’attività che migliori la coordinazione specifica e la tecnica di spostamento del singolo atleta.